Pubblicato in: Napoli Chronicles

Forze del (dis)ordine

Questa è la maxi-storia di come la mia mattina è cambiata,

jastemmata, sottosopra sia finita,

seduto nella macchina im-mo-bi-le, ti parlerò di Gino e Carlo, i superfichi di Case-eh-r-m.

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Una mattina di un giorno da cani al Rione Annunziatella

Ecco un nuovo giorno, ecco i raggi del sole che svelano le bellezze del Creato dissipando le ombre e le nebbie della notte, per darci un chiaro e limpido mattino e tu che fai, non ti prendi il caffettino? Ed ecco che si scatena il cielo e la terra: macchine parcheggiate a membro di segugio, gente ciondolante con ancora gli occhi azzeccati dal sonno che si riversa in mezzo alla carreggiata, perché il cornetto è più importante della vita istessa, perché senza il caffè della mattina sei una vecchia mappina, perché le abitudini son dure a morire. E poi furgoni che devono scaricare le merci, motorini con un passato al Cirque Du Soleil, cavalli (sì, CAVALLI). In questo stato di anarchia totale, la Luce: una gazzella dei Carabinieri, pronta a riportare l’ordine perduto. AH! Sciocco, tu che credi questo! I Caramba si piazzano in mezzo alla strada dopo una decina di metri in retromarcia (li avranno chiamati componendo il 211) e parcheggiano con grande flemma, compiaciuti del fatto di avere appena peggiorato la situazione. Scendono dalla macchina, sfilata in divisa e dritti nel bar. La lotta al crimine richiede energie, i criminali non si catturano mica da soli. Questa vita è una lacrima infinita.

Pubblicato in: Racconti Sparsi

Di Quando Feci Crollare La Libido

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Adolescentia magistra vitae. Ah, non era così? Va be’, in questo caso sì. Storditi dall’ormone che galoppa, i giovani pubi dei puberi partono alla ricerca reciproca, lanciandosi in un’avventura che non si concluderà sempre nel migliore dei modi. In tanti sono caduti sul difficilissimo campo di battaglia del corteggiamento e alcuni stanno ancora raccogliendo i cocci della frantumata dignità. Ci sono stati degli episodi in cui il sottoscritto se l’è giocata proprio male e, ora che ci penso, risalgono tutti allo stesso periodo.

1.Punti Di Vista

Estate, appuntamento per andare al mare con il solito gruppo. J., bella bionda riccia, per tentare un approccio o forse solo per parlare di qualcosa, dice: “ma quelli che hai sul naso sono punti neri? Anche io ce li ho”. Ora voi direte: “ma che schifezza di approccio” ed avete ragione, ma nessuno nasce imparato e anche la maestra del corteggiamento avrà dovuto iniziare da qualche parte, no? Ma la mia risposta fu peggiore: “no, sono peli”. E fu subito inverno tra di noi. Gelo e conversazione morta, da lì a qualche settimana non l’avremmo più vista, partita verso lidi migliori.

2.Se Telefonando…

Parte da protagonista nello spettacolo della scuola, divento una piccola star. L., ragazza molto divertente e dal fisico statuario, si invaghisce del Marlon Brando dei poveri ed attua la strategia che ai tempi andava per la maggiore: spargere la voce in modo che l’interessato lo venisse a sapere da terzi. Un amico mi mette al corrente del fatto, io dico che mi farebbe piacere stare con lei e lui, sentite queste parole, prende il suo cellulare e la chiama. Pazzo. Invani i miei tentativi di dirgli che certi discorsi delicati si fanno vis-à-vis, la gioia della missione compiuta gli ha ormai compromesso la capacità di giudizio. “Ci ho parlato, dice di sì! Sì, sta qua, te lo passo”. Prendo il cellulare, che più che un cellulare è una patata bollente, biascico parole: “sì, me l’ha detto… sì, mi piaci anche tu…”. Lei contenta, io morto. Seguono giorni in cui non ho il coraggio di rivolgerle la parola e vigliaccamente cerco pretesti per non restare solo con lei. Disastro. Nell’arco di un paio di settimane, l’entusiasmo di L. si raffredda e mi manda silenziosamente nella contea di Fan-Qu-Loh nel giappone occidentale.

 

3.Questioni Spinose

Nella vita di tutti capita il “momento cafone”, poi c’è chi rinsavisce e chi non riesce ad abbandonarlo. Il mio momento cafone e un po’ metrosexual viene influenzato dal modus operandi del mio barbiere, che verrà svelato a breve. Era il periodo in cui andavano forte creste, capelli a spazzola e qualunque altro stratagemma atto ad aumentare la superficie corporea per irridere l’avversario, a mo’ di un gatto che fa la gobba. O., la protagonista di questa storia, mi piaceva tanto e tra noi c’era una bella sintonia che mi faceva ben sperare. Tutto bene fino a quella sera in cui, vinto il timore, si decide a farmi la domanda: “mi piacciono i tuoi capelli, ma come fanno a stare così dritti?”. Fa ancora male ripensare a quel momento, a quando risposi: “con la piastra”. Balle di fieno. Il tempo si ferma, gli sguardi di tutti gli astanti sembrano convergere verso di me. Smorfia sul volto di lei, rivolo di sudore sulla mia fronte, cuore che salta un battito. “Cioè… tu.. ti passi… la piastra…veramente?”. Cala il sipario, suono di violini tristi ad accompagnare il tutto.

 

Pubblicato in: Vita Di Strada

Graziella Racing Team

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L’eroina della storia. L’immagine ha il solo scopo di presentare il prodotto.

Avevo quindici anni, credo, quando partii con quattro amici storici per una lunga estate nella casa che vide l’infanzia e l’adolescenza della madre di uno di loro. Destinazione del viaggio era un paesino in Molise di -parola del sito del Comune- trecento abitanti. In realtà il dato non era aggiornato, infatti D, così chiameremo la madre del mio amico, disse che almeno la metà di loro era morta nel frattempo. Ma il pensiero della caducità della vita non tange la gioventù, che si abbandona a possenti grattate di attributi quando vede un carro funebre o uno schiattamuorto (becchino, ndr) solo per l’esibizionismo dovuto all’autodeterminazione della propria virilità. Quindi, noi baldi giovani che ci toccavamo i pacchi (ognuno il pacco suo), partimmo per quest’avventura pieni di entusiasmo. La famiglia di D era una potenza nel paese, non c’era strada che non fosse intitolata ad un suo avo, perché loro rappresentavano “quelli che ce l’avevano fatta”. Un amico di famiglia, un ragazzone tutto cuore e pelo, ci omaggiò di una bicicletta a testa per andare in giro. Ed ecco che arriviamo alla protagonista assoluta della storia: la Graziella. La ruggine diffusa sul telaio concedeva, ogni tanto, spazio al bianco della verniciatura originale. Sarà stata la sua livrea maculata, il fatto che fosse un’arma letale su ruote o la sua aria stanca di chi ne ha viste fin troppe, ma le bastò un attimo per far breccia nel mio cuore.

Una superstrada in discesa, quasi sempre deserta, lambiva la ridente cittadina. Ci mettemmo molto poco a realizzare che quello sarebbe stato il campo di battaglia ideale per le nostre testosteroniche sfide. Partenza lanciata in stile 24 ore di Le Mans e subito mi ritrovo ultimo, ma ecco che Graziella, tutto cuore e pezzi tremolanti, si accende e scatena il suo animale guida: uno stallone arrabbiatissimo. Ecco la svolta: mi metto in posizione aerodinamica, a filo con il manubrio, sento il vento gonfiarmi la maglietta troppo larga, sono praticamente a torso nudo. Riacciuffo i miei amici, il tempo rallenta sulle loro espressioni di stupore, il tempo riparte e sono ormai un punto lontano, come diceva il buon Silvestri. Graziella è inarrestabile, sta lanciando il cuore oltre l’ostacolo, valuta un’uscita di scena gloriosa e la ottiene: alla fine della corsa lei è la vincitrice! Ma a che prezzo? I danni sono ingenti, la gomma posteriore è distrutta. Però lei finalmente si è sentita viva, lei che è nata in un corpo sbagliato, una corsaiola intrappolata in un involucro da camminatrice che ha segnato tutta la sua esistenza. Aveva bisogno di qualcuno che la comprendesse, che tirasse fuori, con la sua puerile incoscienza, le sue dirompenti doti. Sono sicuro che mi abbia ringraziato per questo ed io ringrazio lei per avermi reso l’uomo che sono ora. Le sono debitore soprattutto per avermi portato lontano dalla carambola che avrebbe visto protagonisti due degli altri corridori, che però hanno avuto la fortuna di esserci ancora per raccontarla. Ma questa è un’altra storia.